Ontaneta


Oggi sono tornata ad Ontaneta, minuscola località dispersa negli Appennini forlivesi. Nella casa giusto dietro la chiesa qui fotografata (è una canonica) ho trascorso moltissimo tempo per ben 20 anni, dagli 8 ai 28... poi la lasciammo al suo destino.


Questa immensa casa fatta tutta storta (è decisamente in pendenza), piena di cose da sistemare, spifferi, insetti orripilanti, bruttina nella sua decadenza di casa ormai ridotta a luogo di vacanze per cittadini e depauperata del suo originale scopo... è stata per me croce e delizia in quei 20 anni.


Croce perchè essendo lontana da tutto, per ben 10 anni io ho trascorso 3 mesi allanno lontana da tutto. Ed era il periodo della vita in cui ci si dovrebbe fare degli amici, ma io che già ero una timida, non avevo nemmeno la possibilità di provarci, visto che lunica coetanea abitava ad almeno 3 km di sentieri per vacche dalla casa. Per il resto erano solo bambini troppo piccoli o adulti ben più grandi di me.


Delizia, perchè, dopo la morte di mia nonna, il mio rapporto con la casa cambiò radicalmente.  Non essendoci più lei, non era più necessario partire il giorno dopo la fine della scuola e rimanere lassù fino al giorno prima del nuovo anno scolastico. E così si andava su a intervalli assolutamente irregolari, quando ci pareva. Oltretutto io nel frattempo ho preso la patente e quindi potevo andare e venire comodamente. Durante gli anni di università la casa è stato il mio rifugio per completare esami e per disintossicarmi dallo stress degli esami dati. Ci si andava su con gli amici senza i genitori, oppure sola con mia madre... insomma la si poteva vivere per quel che doveva essere: un luogo dove rilassarsi e passare in tranquillità qualche giorno.


Nel 1998 la Curia non ci rinnovò più il contratto decennale. Da un certo punto di vista andava bene così: la manutenzione minima era a nostro carico e la casa stava costantemente richiedendo interventi. Daltra parte mi dispiaceva terribilmente lasciarla. Non avrei più avuto un luogo dove fuggire quando non ne potevo più della città.


Ogni tanto ci torno, anche se sono passati 8 anni. La casa è sempre lì. Lunico vicino di casa, con la madre ormai anziana, si è trasferito nel paese e così la trovo sempre deserta.


Tranne oggi. Sono tornata a farla vedere a Laura e un cagnetto ci ha accolte tutto rabbioso, come ogni bravo cane da guardia deve fare. E spuntato dalla casa un ragazzo che ci ha salutate e io gli ho raccontato che prima di lui nella casa ci abitavo io e che ero tornata per un saluto così, rapido.


La nostra intenzione era di fare un pic-nic, ma un bel temporale ci ha fatte desistere e il ragazzo gentilmente ci ha fatte accomodare in casa. E ci ha lasciate libere di curiosare ovunque. Così ho potuto ritrovare i segni delle puntine da disegno che usai per impiccare i peluches di mio fratello il giorno che mi fece incavolare, gli adesivi che i fratelli avevano attaccato alla porta della loro camera sono ancora lì, la finestra della mia camera è ancora dipinta di argento e crema come la fece mia zia, la porta che dà sul cortile ha ancora il colore arancione antiruggine che mio nonno le diede (probabilmente doveva finirlo, ma non ci riuscì a causa della sua malattia)... è quasi tutto uguale a come lo lasciammo noi, tranne il mobilio e poche altre cose.


Che tuffo nel passato... che bello! Un tenero ricordo: tutto è cambiato, ma la casa è ancora lì e si ricorda dei nostri giorni spensierati e anche di quelli odiati. Delle mie pile di libri e delle Barbie, unici amici nelle mie estati solitarie dellinfanzia, degli animali strani che ci venivano a fare visita (pure due pipistrelli nella tazza del WC), delle vicende familiari che si sono svolte tra le sue mura: quelle belle e quelle meno belle.


La casa sicuramente ricorda anche altre voci prima delle nostre visto che ha almeno 200 anni, ma per me sono importanti le voci e i ricordi che custodisce per mio conto. E uno dei miei luoghi dellanima e almeno una volta lanno ci faccio un giretto, le faccio un saluto e poi torno giù, verso casa...


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