La casa dei nonni - parte prima

La casa dei miei nonni è, dovrei dire era, in quanto ormai non è più casa loro da 30 e passa anni, eppure è ancora lì, e per me questo basta per mantenere il tempo presente quando penso o parlo di lei.
Quindi, la casa dei miei nonni “è” in mattoni rossi, una struttura quasi quadrata, a vederla dalla strada, come tante altre di quell’epoca.
Come ho già detto, fu venduta ancora nel 1987, ma quando passo davanti a lei, per me è ancora “la casa dei nonni” e sogno ancora il patto che feci con mio cugino. Io diciasettenne, lui 9 anni, decidemmo che il giorno in cui saremmo diventati ricchi, l’avremmo ricomprata.
Beh, né lui, né io siamo diventati ricchi… e la casa chissà di chi sarà ora.
Nonostante siano passati così tanti anni, io spesso mi ritrovo nelle sue stanze, sia in sogno, sia in una fantasticheria ad occhi aperti. È stata così importante per me, che non riesco a tutt’oggi a staccarmene.
Aggirandomi nella fantasia tra le sue stanze, rivivo ricordi ma soprattutto affetti ed è molto emozionante.

L’entrata principale era qualcosa di off limits. Veniva aperta pochissime volte l’anno, per ospiti di riguardo. Chi era di famiglia entrava dall’entrata che si trovava sul lato destro, a cui si accedeva dalla veranda.
Ma visto che questo è il mio giro immaginario nella casa, per una volta, anche io voglio salire quei due gradini di marmo ed entrare dalla porta principale!
Quei due gradini di marmo mi rimarranno sempre impressi nella memoria per un ricordo che non è mio, anche se mi riguarda da vicino.
Il 18 agosto 1972 una piccola Maria Elena incavolata era seduta su quei gradini, con il mento tra le mani, immusonita come pochi, arrabbiatissima con suo padre. Lui stava portando la mamma in ospedale perché doveva nascere il fratellino (o la sorellina, ma era un fratellino, ora lo sappiamo bene!) e lei veniva lasciata a casa dei nonni, in disparte!
Una vera e propria ingiustizia! Io volevo esserci!
Ecco, davvero non ricordo questa cosa, non avevo neanche 3 anni, ma mio padre ve la racconterà volentieri ogni volta che vorrete.
Appena entrati in casa, ci si trova in un corridoio che io rivedo in ombra, sempre con poca luce, i pavimenti lustri, come nuovi.
Alla destra c’era il sottoscala, uno sgabuzzino microscopico, che occupava appunto lo spazio sotto le scale,  in cui non mettevo mai naso: odiavo ed odio gli spazi ristretti, bui e magari con ragnatele. Ricordo che lì era archiviato il materiale per decorare a Natale.
A sinistra si apriva la stanza per me più misteriosa di casa dei nonni. Non so come definirla, una sala, forse. Era sempre chiusa, utilizzata raramente per gli ospiti importanti. C’era la libreria più bella che io avessi mai visto (prima che la zia comprasse la sua), un salotto in velluto verde, un tavolino da scrittoio e forse qualche altro elemento che io non ricordo più. C’era anche la moquette e quando entravi, per quanto la stanza fosse sempre impeccabile e tirata a lustro, percepivi sempre un odore di polvere da moquette. Da allora, ogni volta che entro in un ambiente con la moquette e sento quell’odore, vengo subito riportata nella stanza “davanti” della nonna.
A me quell’ambiente incuteva un certo timore, forse perché lo si usava così di rado. Ricordo che lì facevamo le foto serie, quelle con tutta la famiglia sul divano. E ricordo anche i momenti concitati per realizzare queste foto, con quattro bambini mai fermi: le classiche scene di tutte le famiglie, ma queste, ovviamente, mi sono più care,  in quanto mie.
Quando dormivo a casa dei nonni, la mia stanza era proprio sopra questa sala e, non so come sia nato questo fatto, ma feci un sogno che poi è tornato a perseguitarmi ripetutamente. Non so quanti anni avessi la prima volta che lo feci. Ci ho messo anche anni per “elaborarne” alcuni elementi. Chissà quanti di voi ricordano il cartone animato di Pierino il Lupo, musiche di Prokoviev (che spero di aver scritto bene) della Disney. Ecco, quel lupo cattivo che imperversava nel cartone abitava sotto al divano della sala dei miei nonni. Mi spaventava tantissimo questa cosa e non ne parlavo con nessuno perché me ne vergognavo. Quando entravo nella sala dei nonni e dovevo sedermi sul divano (anche perché lì potevi fare poco altro… era tutto vietato), io alzavo subito le gambe e mi abbracciavo le ginocchia per non far penzolare troppo i piedi. Una qualche volta la nonna mi deve aver notato in questa posa strana e mi deve anche aver chiesto cosa stessi combinando. Non ricordo le mie risposte. Chissà se ebbi il coraggio di ammettere le mie paure.
Per oggi mi fermo qui. Spero di continuare presto, perché è tanto che sogno di mettere nero su bianco questo racconto, che non è nulla di speciale, giusto un tuffo nella memoria.

Commenti

  1. La casa della zia, io la ricordo ancora prima della ristrutturazione, ma il salotto "buono" c'era anche allora e, non vorrei sbagliare, ma è lì che ci fu presentato ufficialmente tuo babbo! Anche per me è una casa ricca di ricordi.

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